Legge Whisteblowing

Legge Whisteblowing

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In vigore la legge che disciplina il “Whisteblowing”, il fenomeno per cui un individuo segnala o denuncia alle autorità attività irregolari e illecite all’interno di una organizzazione pubblica o privata.

Il segnalatore spesso non effettua la denuncia soprattutto per timore di eventuali ritorsioni interne, che potrebbero avere conseguenze in termini di discriminazione, di demansionamento, fino ad arrivare alla interruzione del rapporto di lavoro.

Come già in altri paesi anche in Italia arriva la tutela giuridica del lavoratore che segnala illeciti. La disciplina di tutela è stata introdotta dalla Legge n. 179 del 30 novembre 2017 (pubblicata in GU Serie Generale n.291 del 14-12-2017), con entrata in vigore il 29 dicembre 2017. Il provvedimento prevede la tutela sia nell’ambito della Pubblica Amministrazione (art 1) che nell’ambito dell’impresa privata (art. 2).

Testo

Per quanto riguarda il lavoratore pubblico le forme di tutela sono garantite dall’introduzione dell’art 54-bis che modifica significativamente il testo del decreto n. 165 del 30 marzo 2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) introducendo il principio cardine attorno cui ruota l’intero criterio di tutela giuridica.

In particolare il lavoratore pubblico ha facoltà di denunciare a una autorità giudiziaria condotte irregolari e illecite delle quali sia venuto a conoscenza, e per tale segnalazione “non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro” [art1, legge 30/1172017].

Inoltre l’identità del segnalatore non può essere rivelata, e deve essere garantito l’anonimato almeno fino alla conclusione degli accertamenti e dell’atto giudiziario derivante dalla denuncia.
Eventuali comportamenti considerati ritorsivi possono essere segnalati da parte dell’interessato, o dalle organizzazioni sindacali, all’ Autorità Nazionale Anticorruzione, che ne informa gli organismi ritenuti di specifica competenza.

La tutela del lavoratore privato è invece garantita dalla modifica parziale dell’articolo 6 della legge 231/2001. La modifica sostanzialmente prevede che vengano creati ulteriori canali di comunicazione per concedere la possibilità di effettuare segnalazioni di attività fraudolente, anche in modo telematico, garantendo l’anonimato del segnalatore.

Anche nel settore privato viene introdotto l’esplicito “divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione” [lett c, comma 1 art 1 della legge 30/11/2017]. In questo caso eventuali misure ritenute ritorsive possono essere segnalate all’Ispettorato del Lavoro e sono considerate nulle, tutte le azioni intraprese nei confronti del segnalante da parte dell’azienda. In caso di accertamento giudiziario sarà responsabilità del Datore di Lavoro dimostrare che tali azioni siano scollegate dalla denuncia effettuata da parte del lavoratore, e quindi legittime poiché attribuibili ad altri motivi estranei alla segnalazione.

L’articolo 3 del provvedimento sancisce che le rivelazioni effettuate da parte di un individuo che effettua una denuncia, anche se tenuto al segreto professionale o aziendale, non costituiscono reato di infrazione di tale vincolo se non eccedono l’obiettivo circoscritto all’eliminazione specifica dell’illecito e se seguono i canali previsti appositamente per tali segnalazioni.